Alabaster Deplume: tra jazz, attivismo e dignità

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Alabaster Deplume: tra jazz, attivismo e dignità

Intervista a cura di Lorenzo Migno

Alabaster Deplume, oltre ad essere un artista straordinario, è una persona che ha un grande rispetto del lavoro altrui. Lo dimostrano le sue risposte mai scontate a questa mia intervista che si pone l’ambizione di inaugurare una nuova e – si spera – prolifica attività editoriale del Musicus Concentus.

L’approfondimento, se così lo vogliamo chiamare, tocca vari temi: la musica, l’attivismo, il lavoro. Alabaster, con garbo e cortesia, risponde a tutte le mie domande e lo fa con grande generosità.
Prima di raccontarsi – e in 17 anni che faccio questo mestiere non mi era mai successa una cosa del genere – si prende persino la briga di leggere ciò che scrivo nei miei post sui social. Ma d’altronde non c’è da stupirsi. Già, perché Alabaster sembra una di quelle persone che non ama fermarsi alla superficie. E non so a voi, ma a me questa cosa piace molto. Ma ecco la mia intervista.

Ciao Alabaster, qualcuno ti ha etichettato come “Poeta del jazz”. Quanto ti ritrovi in questa definizione e quanto è importante la poesia nella tua musica.

Ciao Lorenzo, e grazie per condividere questo tempo con me, quando il nostro tempo in questo mondo è così breve. E grazie per il lavoro giornalistico che svolgi e per esserti schierato contro “La contiguità e/o l’adesione a idee e ideologie fasciste, razziste, omofobe, xenofobe…” (ndr: tweet di Paolo Berizzi sul caso Vannacci che evidentemente devo aver condiviso la scorsa estate). È bello parlare con te e non vedo l’ora di tornare nel vostro Paese, dove mi sento così benvenuto tra amici e alleati.
Non sono qualificato per dire cosa sia il jazz, né se le parole che metto insieme siano davvero poesia. Chi mi chiama “poeta jazz” può essere confuso o gentile. Potrebbe anche chiamarmi così come un insulto! Ma probabilmente gli vorrò bene lo stesso, qualunque cosa sia. Una delle cose che mi piace di più dell’accostare le parole alla musica è che i due elementi possono contrastarsi, opporsi, come il pollice si oppone alle dita quando si vuole prendere qualcosa. Possono lavorare insieme attraverso l’opposizione.

Rispetto alla scena jazzistica contemporanea come ti collochi?

È meraviglioso che esistano così tante scene jazz contemporanee, la maggior parte delle quali non ho ancora conosciuto e che forse non conoscerò mai. Innumerevoli gruppi di anime che formano il mondo e che dedicano la loro esistenza alla loro sorprendente arte, in parti del mondo che potrei solo sognare di accogliere. A queste scene contemporanee, come a quelle che ho incontrato finora a Londra, Chicago, New York e altrove, mi propongo come umile studente e offro in dono il mio amore per l’umanità.

Ti senti ispirato dal cosiddetto jazz spirituale degli anni Settanta (Pharoah Sanders, Sun Ra, Alice Coltrane)?

Sì, quella musica è sublime. È stato il mio amico polistrumentista Paddy Steer a farmi conoscere Sun Ra.

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Parlando di spazi culturali. Il Total Refreshment Centre è da otto anni uno dei più importanti centri musicali e culturali di Londra. Conosci molto bene quest0 luogo e nelle ricerche che ho fatto su di te è spesso citata. Raccontaci qualcosa di questa straordinaria realtà.

È un luogo che ha cambiato la mia vita, grazie alle persone. La minaccia dello sviluppo e l’aumento del costo della vita, che sicuramente molti di voi lettori conoscono bene, ha accompagnato il Total Refreshment Centre per tutto il tempo. Tanto da essere quasi una parte integrante del luogo. Abbiamo lavorato sotto questa minaccia, impegnandoci febbrilmente nelle nostre opere più grandi, senza mai sapere fino a quando potremo lavorare in questo spazio. Ne parlo in parte perché anche voi potreste sentirvi così. Voglio raggiungervi e dirvi che credo in voi e che se siete minacciati da forze economiche o di altro tipo, io vi vedo e so che meritate di meglio. Meritate l’autodeterminazione e una pace tutta vostra, conquistata grazie al vostro impegno e al vostro posto in questo mondo come esseri umani dignitosi.

Sei noto anche per il tuo attivismo. In che modo questo impegno condiziona la tua musica?

Il lettore che sta leggendo è intelligente. È sensibile e saggio. La sua attenzione è fatta di tempo ed energia, e queste cose sono preziose. Non accetterà da me nessuna finzione. Il mio pubblico non accetta le stronzate. Posso portare loro solo ciò che è vero. Naturalmente questo significa che le forze che mi costringono nell’attività politica mi costringono allo stesso modo nel lavoro. Se dovessi nascondere le mie convinzioni, anche questo sarebbe un atto politico. Ma rischierei di offendere il pubblico. Allo stesso modo, man mano che il mio pubblico cresce, mi chiede di esaminare la mia posizione politica e di essere responsabile nelle mie scelte riguardo alla parte (finora mite, secondo me) che prendo nell’azione politica di tanto in tanto.

Cosa dobbiamo aspettarci da questa performance dal vivo a Firenze l’8 marzo?

Il nostro tempo insieme, cioè con voi (o quello di chiunque stia leggendo questo articolo e che sarà presente al concerto) sarà nostro. Apparterrà a noi, sarà formato da noi, e non c’è da sapere o aspettarsi cosa sarà. Non so cosa sto facendo – sto venendo a scoprire cosa stiamo facendo.
Recentemente ho scritto che “L’apprezzamento non si può pretendere, così come la dignità non può chiedere rispetto”.
E anche tu, Lorenzo, ha scritto di recente sulla dignità. Mi ha fatto piacere leggere quello che hai scritto, perché sto lavorando sulla dignità e sul suo ruolo nella guarigione. Amo e lodo la dignità di tutti coloro che stanno leggendo. Grazie per la vostra dignità, mentre passate lo sguardo su queste parole. Grazie per la grazia che sicuramente portate in questo mondo, solo per vivere. Grazie per vivere, che a volte è difficile.

Alla fine di questa bella chiacchierata, che non sembra affatto avvenuta via email, Alabaster tornando sul tema della dignità, mi ringrazia nuovamente per le mie parole spese su questo tema.
In particolare fa riferimento ad un mio post su Facebook in cui diffondevo un video di Stefano Massini e Paolo Jannacci.

Era il 9 febbraio e in questo mio status scrivevo:

“Ieri sera Stefano Massini e Paolo Jannacci hanno scritto la pagina più bella e toccante di questa edizione del Festival di Sanremo.
Purtroppo però, a mio modesto avviso, oggi se ne parla un po’ poco… non trovate? (se non l’avete vista potete recuperarla qua https://www.youtube.com/watch?v=C_bS0AG6y4Y)
E adesso dirò una cosa ovvia, scontata: quanto ci piacerà azzuffarsi sulle stupidaggini invece di concentrarsi sulle cose importanti?
P.s. E che bella parola è… DIGNITÀ.”

Il riferimento è alla performance di Massini e Jannacci, dove i due cantano “L’uomo nel lampo”, un brano straziante che parla di una delle tante morti sul lavoro.

Racconta lo stesso Stefano Massini (scrittore e narratore, unico italiano ad aver vinto il Tony Award premio Oscar del teatro americano): “L’uomo nel lampo è un dialogo in musica. C’è un padre morto giovanissimo in un incidente sul lavoro, uno di quelli che funestano le nostre cronache, senza far notizia al punto tale che neppure destano più scandalo perché il lavoro è diventato un far west e i diritti sono un lusso…”

In Italia le morti sul lavoro sono 1485 all’anno, quasi 5 al giorno.
Cinque di queste – non ce lo dimentichiamo – sono avvenute a Firenze in un cantiere di un supermercato, la mattina del 17 febbraio, giorno dell’inaugurazione della nostra stagione in Sala Vanni.
Le abbiamo omaggiate quella sera.
Le omaggiamo e le ricordiamo volentieri anche in questo articolo.
E grazie Alabaster. Grazie per esserti concesso (e per averci concesso) il lusso di approfondire.